Era una notte buia e tempestosa, probabilmente, quando nel famoso allevamento della Quercia vennero al mondo 8 cuccioli, e questo evento atmosferico, come sapete, segnò la vita, o almeno la carriera letteraria della nostra star di oggi: Snoopy. L’asso dell’aviazione, l’ineguagliabile penna, il maître à penser (per tutte valga la lucida e insuperata definizione dei gatti: erbacce nel prato della vita), l’interbase dei record, il lettore colto ma prudente (mai più di una parola al giorno), il raffinato corteggiatore di cameriere francesi…, difficile ricordare tutte le medaglie appese al suo collare. Come sapete, è grazie a lui se i cieli sono sicuri. Avete mai visto un Fokker Dr. I avvicinarsi di coda al vostro aereo mentre beati ve ne andate verso la meta delle vacanze? No? Appunto, è grazie a lui e al suo Sopwith Camel (mimetizzato da innocua cuccia per ingannare i radar nemici), che, vigili, solcano i cieli. Ma soprattutto devono dire grazie a lui tutti quei buffi ragazzini, che se non fosse stato per questo beagle trasformista e poliedrico avrebbero forse visto le bozze della loro terza striscia per poi cadere nell’oblio delle buone occasioni perse. E sì, dai, diciamolo, ma veramente qualcuno sopporta Lucy? E il capoccione? Non lo avvolgereste nella coperta dell’amichetto suo, zavorrandoli entrambi con il pianoforte di Schroeder? Lui, il “me”, è la star, com’è giusto che sia. La sua stella brilla sulla Walk of Fame. Sia lode al Grande Bracchetto!
Che ne dite se ora parliamo di una star che ci ha fatto ridere tutti? Ve lo ricordate Scooby Doo? Certo che lo ricordate, che lo chiedo a fare? Come si fa dimenticare 90 kg di fifa e succhi gastrici rumorosi? Non si può, infatti. Scooby, siamo in confidenza, posso chiamarlo così, da 50 anni non fa che scappare e mangiare, talvolta mangia scappando, dimostrando, tra l’altro, che la costanza, l’applicazione e l’allenamento possono far raggiungere qualunque obiettivo. 50 anni, capirete sono un traguardo rimarchevole, soprattutto per un grosso me, il che, a sentir lui, dimostra pure che a fare quello che sai fare meglio si campa più a lungo (poi se nel frattempo ti fai anche gli affari tuoi, come recita il noto adagio, puoi aspirare ad eguagliare Matusalemme, ma questa è un’altra storia). Ma il caro Scooby non ha avuto successo per questo, cioè non è che piace tanto a voi umani solo perché scappa e mangia con un’abilità ineguagliata da mezzo secolo, no, c’è dell’altro. Scooby si aggira per i misteri più paurosi con la disinvoltura di un elefante caduto nella vasca dello stira&ammira che assomiglia tanto alla paralisi dell’intero sistema nervoso che piglia voi umani quando vi affacciate all’ignoto, fosse pure un ignoto nuovo taglio di capelli, e se alla fine uno come lui se la cava, allora c’è speranza per tutti. Di più, questo me ipertrofico, farcito di panini e inettitudine, con la coordinazione motoria di un pavone crestato in volo, spaventato praticamente da ogni cosa, è anche inaspettatamente l’intelligentone del gruppo, lui, mica quella occhialuta e tappetta. È il nostro eroe a proporre ogni volta l’unica cosa giusta da fare: scappiamo! Non apriamo quella porta! Non scendiamo in cantina! Lasciamo in pace le armature…cose così, tutti ottimi consigli che restano purtroppo puntualmente inascoltati, ma che dimostrano tutto il rispetto che i me hanno per la legge di autoconservazione della specie. Tutto ciò ha fatto di questo vitello ad honorem un maestro di vita, un’icona, di più, una guida spirituale. E perché non abbiate dubbi vi ricordo uno dei suoi insegnamenti: alla fine i veri mostri sono sempre le persone.
Nella nostra galleria dei famosi c’è pure chi ha avuto solo la fortuna di farsi gli amici giusti. Ad esempio Cerbero. Tutti sapete di chi parlo, no? Il portinaio dei Satanassi, perché quello è; poi però come vi dicevo ha incontrato le persone giuste, un po’ come Balotelli che è inciampato in Raiola. Immaginatevi la scena: si stanno per alzare le nebbie dei tempi mitologici e c’è un gran da fare a lucidare le coppe per l’ambrosia, sprimacciare i triclini e distribuire i posti. “Cerberino bello (che all’epoca era un cuccioletto, va detto per onestà intellettuale), che ti facciamo fare a te? Tanto sveglio non sembri, se ti metto a vigilare gli armenti di Elio finisce che quest’anno il latte lo compriamo alla centrale, anche come cane da compagnia sei un bell’impegno, che solo per accarezzarti tutte le teste ti va via la giornata. Facciamo così, stai qui all’ingresso, non muoverti, non fare danni e intanto penso qualcosa”. E’ andata così. L’hanno piazzato all’ingresso del piano basso, al portone in pratica e poi…se lo sono dimenticato. Capite bene che una cosa così un po’ il carattere te lo guasta. Poi era pure nero e persino le animacce di chi t’è murt, passando se lo additavano: “bleah…guarda che cagnaccio brutto brutto!” Mai una carezza, un complimento, manco un: scusi posso entrare! Dai, vorrei vedere voi al suo posto! Poi un giorno arriva questo tizio: bello, muscoloso, ricciuto che tutto garbato gli fa: “scusi cerco il sig. Cerbero”. Mai gli era capitata una tale deferenza, una voce cosi dolce e al tempo rispettosa nel pronunciare il suo nome. Già al “scusi” il tipo lo aveva conquistato. “Sono io, cosa desidera?” – “Abbia pazienza, sono Ercole, magari avrà sentito parlare di me, mio padre abita qui, nell’attico. Ho combinato un mezzo casino e quello m’ha attaccato un pippone che ora se non faccio ‘ste 12 cose che si è inventato mi tocca sentirlo fino all’apocalisse. E mi scuso con lei fin da ora, ma per l’ultima si tratterebbe di fare un capatina, insieme, io e lei a Micene, andata e ritorno…una cosa veloce, non si preoccupi”. Capirete che a Cerbero non gli parve vero di mollare per un po’ la portineria e quindi si affrettò a dirsi disponibile. “Grazie, lei non sa che favore mi fa, anzi se non è di troppo disturbo potrebbe arruffarsi un po’ il pelo, sì? E magari se potesse fare lo sguardo truce, un po’ di fiamme dalla bocca sarebbero perfette. Ma sa che lei farebbe carriera a teatro…è un talento naturale, creda a me”. E così conciato Cerbero si avviò verso Micene dove, visto che non era allenato, giunse senza fiato e pure più arruffato di come era partito, e tutti si credettero che il giovane aitante Ercole avesse vinto, soffocandolo alla gola, il cane mostruoso. Un successo per entrambi. Ne parlarono per i secoli a venire. Da lì, capirete la sua vita svoltò. Tornò sì alla portineria ma ora le anime quando arrivano lo salutavano deferenti, se lo additavano l’una all’altra: “guarda, vedi, quello è la spalla di Ercole, il famoso Cerbero” -“Lo facevo con più teste..” – “Me lo fa un autografo sul sudario?” e via così. Poi un giorno arrivò pure Dante: “buon giorno Cerbero, le piacerebbe comparire in un libercolo che sto scrivendo? Avrei una parte che le calza a pennello”. Ci pensò un po’, che come detto non è era proprio una volpe, ma alla fine Prosperina che, diciamolo, si era un po’ rotta di stare a sentire le sue vanterie, lo convinse e il resto lo conoscete.
E sì anche noi abbiamo le nostre star. Di alcune di queste si tramanda solo poco più di un nome, ammantate come sono di leggenda le loro gesta. Insomma, che dire, come per voi umani, anche a noi ogni tanto piace tirarcela un po’, del tutto immeritatamente, rivendicando la medesima appartenenza a cotanta eroica schiatta. Prendiamo Argo. Di lui si ricordano principalmente due cose: che aveva gusti discutibili quanto a luoghi in cui schiacciare un pisolino e che, tradotto in termini canini, faceva sembrare un giovanotto persino Matusalemme. Sì perché il “me” in questione dopo aver salutato giovane e pimpante compagno di gagliarde cacce, il suo astuto Ulisse, passa i successivi vent’anni, no dico vent’anni, manco un barboncino toy nutrito a gerovital, ad aspettarlo steso al sole di Itaca. Ora, io sono ben felice che a voi umani queste cose vi commuovano, ci fanno buon gioco, ma dico io: vent’anni sostanzialmente a fare una beata fava, tant’è che quando quell’altro degno compare dell’umano suo, dopo essersi fatto gli affari suoi in giro per il mondo di allora, torna a casa, se la trova, come dire, un pochino occupata. Passi che ‘sto eroico e leggendario avo spenda l’ultimo refolo della sua oziosa vita, per l’occasione issata su un cumulo di “cacca”, per muovere la punta della coda, infestata da una colonia di zecche come riferiscono le cronache, il che certamente avrà reso più difficoltosa la manovra, passi che sia l’unico a filarsi l’umano di ritorno dopo vent’anni di bagordi, passi che nell’incrocio dei loro sguardi si giochi metà del pathos dell’Odissea, colato dritto dritto in quella lacrimuccia che Ulisse si spreme per l’occasione, ma nei vent’anni precedenti che accidenti ha fatto? Non si sa, perche voi umani che siete noti per perdervi dietro alle bazzecole se ben raccontate, vi perdete così le questioni importanti: chi accidenti ha fatto entrare i Proci, che per di più si sono scofananati tutto? Chiariamo io sono un tipo riflessivo, ci penso bene prima di passare all’azione, pondero, cerco soluzioni alternative, non disdegno la diplomazia da divano, ma vi assicuro che se mentre i miei umani sono distratti altrove, qualcuno cercasse di aprire il frigorifero di casa nostra l’unica cosa che ritroverebbero al loro ritorno sarebbe…e niente, sarebbe niente. Si chiama evoluzione darwiniana: chi difende il frigorifero sopravvive e prospera.
Buon giorno umani, ci siamo quasi. Sono un po’ emozionato. Insomma, che ero un personaggio l’ho sempre saputo, fin dai tempi del canile; non faccio per vantarmi, ma si faticava a non notarmi, rosso autunno newyorkese, con lo sguardo malandrino e quel passato incerto, buttato con studiata noncuranza sulle spalle. Però, che scrivessero un libro su di me, non lo avrei mai immaginato. Tuttavia, nonostante il soggetto in parola sia oltremodo affascinante, non è di questo che voglio parlarvi. Voglio parlarvi del libro. Iniziamo dal titolo: La versione di Max. Che sono io. E ci sono anche degli umani in questi libro, in versione Max appunto. Ma non è neanche di questo che voglio parlarvi. Il libro leggetevelo così scoprite tutto da voi. Invece voglio dirvi che i miei umani, quelli che hanno scritto il libro, siccome li ho tirati su proprio bene, anzi per dirla tutta, li ho resi la versione migliore possibile (compatibilmente con il materiale di partenza sia chiaro, che i miracoli neanche io li faccio), hanno promesso che quello che ricaveranno dalla vendita del libro lo daranno a chi si occupa di recuperare i me abbandonati, anzi, mi stanno dicendo che non lo hanno solo promesso, lo hanno anche scritto su un foglio che si chiama contratto, così potete stare sicuri sicuri. Quindi, ricapitolando: il protagonista è un figo da paura, il libro è divertente (perché detto fra noi, per vedere se loro avevano la stoffa per essere i miei umani, gliene ho combinate di tutti i colori), acquistandolo aiutate tanti altri me e se questo ancora non vi basta avete visto chi ha scritto la prefazione? Un super amico di tutti i me: Giorgio Panariello! Che altro volete di più? Compratelo! Anzi, pazientate ancora un po’ e a luglio, compratelo!
Allora vi è piaciuta la carrellata di cagnari doc? A vederli raccontati così fanno un po’ ridere, avete ragione, non sembrano neppure granché pericolosi. Credo ci contino su questo. Però mi raccomando non fatevi fregare che voi avete i pollici opponibili, eccheccavolo, conterà qualcosa no? Usateli. Avete quegli schermi magici che se fate le domande giuste vi danno tutte le risposte. Usate anche quelli. Ma ve lo devo dire io? Eddai! Lì, se volete, ci trovate tutto. Chi fa cosa. Chi sa, chi non sa. Chi è affidabile e chi è meglio girargli alla larga. Nomi, cognomi, foto segnaletiche. Quindi io non vi servo. Tutti i me con le loro storie non vi servono. Vi basta voler sapere come stanno le cose e lo saprete. Partite dalla linee generali e poi avanti con la stella polare della curiosità, del buon senso e della voglia di fare le cose per bene. Tutto il resto lo scoprirete da voi. Le prossime storie saranno le vostre, non vedo l’ora di sentirle.
Vi dico subito che questo forse è il cagnaro che fa più tenerezza e proprio per questo potreste essere tentati di abbassare la guardia. Occhio, perché pure questo fa bei danni. Lo chiameremo: fatto in casa. Magari sarà capitato anche voi: avete chiamato l’idraulico a sturarvi il lavandino due o tre volte, avete guardato quello che faceva, quindi all’ennesimo intasamento decidete di fare da voi. Detto fatto: smonti, pulisci, rimonti, apri l’acqua e…si allaga la casa. Diciamocelo, a vederle fare le cose sembrano semplici, soprattutto se a farle sono i professionisti che fanno apparire tutto facile: in 3,2,1 risolto. Poi ci provate voi e capite che le cose non stanno proprio così. Vi stupirà ma sto bel ragionamento qualcuno lo fa pure sui me. Un bel giorno il nostro cagnaro fatto in casa, si sofferma a guardare ammirato il suo bel cagnolone, quello che tutti in giro quando lo porta a spasso, non fanno che ripetergli “guarda, se gli fai fare i cuccioli uno è mio, mi raccomando”. E dagli oggi dagli domani, sta bella idea gli si pianta in testa. Il lavoro gira male, le spese aumentano, che c’è di male se prova ad arrotondare? E così procura una degna compagna per il suo amico peloso e al momento opportuno concede loro un po’ di intimità. Il gioco è fatto. Due mesi e iniziano i problemi, perché magari il me in questione è una di quelle razze prolifiche e tra il lusco e i brusco una notte l’adorabile mammina sforna una decina di altrettanto adorabili pelosetti. La mamma ha fame, il papà deve uscire, la mamma pure, i cuccioli frignano e anche loro, manco a dirlo, hanno fame. E se va bene almeno sono in salute, mamma e cuccioli se no, aggiungeteci che a quel punto urge un veterinario. Ma il cagnaro fatto in casa, l’abbiamo detto prima, ha già i suoi problemi, figuriamoci se può far fronte a quelli dei me e quindi ha un’altra ideona: perché aspettare due mesi in questo delirio di cacchine e piagnistei? Via, via più in fretta che si può. Che vi devo dire? Lo abbiamo già visto prima che succede a questo punto, inutile che ve lo dica di nuovo. Non ci crederete ma questi cagnari fatti in casa nascono come i funghi. Conosco un’adorabile doghina che mi ha raccontato d’essersi trovata, dall’oggi al domani, in due stanze striminzite con altri 15 me: in totale 3 adulti e 13 cuccioli. Un delirio iniziato come da copione con: ho avuto una grande idea. Meno male che è arrivata la cavalleria sotto forma di un’associazione seria che li ha portati tutti via e ora ognuno ha trovato il suo bel divano. Però non sempre finisce così. Quindi mi raccomando, alla larga anche da questo cagnaro.
Buon giorno cari umani, eccoci di nuovo qui alle prese con quell’adorabile figuro del cagnaro e sto per presentarvene uno davvero bizzarro, un tipino snob e acchittato che facilmente potreste trovarvelo tra i piedi pure a Wimbledon, intento a cercare di appioppare all’inossidabile regina Elisabetta un “esotico” Corgi blu manto di madonna. Chiameremo questo bel tipo di cagnaro: a tiratura limitata. Il tizio in questione, come vi dicevo, si muove a suo agio tra le fila del jet set e il suo scintillante apparato di scena attrae facilmente umani con la dotazione neuronale standard di un allodola (non me ne vogliano le medesime, mi serviva per la figura allegorica). L’acchiappo del medesimo è giocato tutto sull’eccezionalità. Quello che offre lui non ce l’ha nessuno, non esiste in natura (e dovreste chiedervi come mai, non pensate?). Esotico è la parola che con labbra adeguatamente atteggiate come il culo dell’allodola di cui prima, il cagnaro vip pronuncia con voluttuosa quanto frequente nonchalance, colandola nelle vostre orecchie come miele per le mosche. Esotico non vuol dire un cavolo, lo sapete, vero? Anche tu mio bel umano biondo e alto, sei piuttosto esotico per un abitante dell’altopiano peruviano. Ma il nostro eroe sa bene quanto siete sensibili alla “tiratura limitata”, al “solo per te”, e lì vi frega. Il Cagnaro qui s’è messo in testa di essere una specie di demiurgo. Ti faccio un esempio. Se a te piacciono i pastori tedeschi, ma sei convinto che in quanto tali, debbano avere gli occhi come minimo azzurri, e soprattutto un delizioso tartufo giallo egiziano invece di quell’affare nero al fondo della canna nasale, lui te lo fa fabbricare. Chiama i suoi degni sodali e li mette al lavoro: “ragazzi, il mercato vuole pastori tedeschi con gli occhi azzurri e tartufi simil camoscio, provvedete veloci, che lo standard di razza ormai è venuto a noia” e quelli giù a mischiare questo con quello, con un pizzico di quell’altro, shakerare tutto e voilà: ecco il pastore tedesco esotico. Poi certo nel mischiare questo e quello magari si sono persi di vista che il caro Rex lì è un po’ esposto alla displasia e quindi è meglio se quel problemino lo tieni d’occhio quando mischi, oppure che a forza di mescolare i colori, trascuri che alcuni di loro sono legati a geni recessivi che aprono la porta a brutte sorprese. Ma chi se ne frega se potete esibire cotanto bel me esotico che il Giangi e la Pucci se lo sognano, giusto? Con quel che l’avete pagato poi, l’equivalente di un master in “fatti furbo”, come minimo. Ma cosa vi dice il cervello?!? Siamo già perfetti così! Il cagnaro in questione con la vostra smania di avere il pezzo unico, a tiratura limitata, alimenta il suo conto in banca e un pel po’ di allevamenti “frankenstein” in batteria. Ma dico io, mai possibile che non vi ricordiate come finisce ogni volta? Ma andatevi a rivedere Boris Karloff, va, e tornate poi per l’ultimo tipo di cagnaro.
Ehilà, ci siamo lasciati un po’ male la volta scorsa, vero? E che dovete capire che questa storia che voi avete la parola, il pollice opponibile, camminate eretti e poi non capite cose così ovvie, proprio non mi va giù. Comunque dai che ora ho pronto il terzo tipo di cagnaro, lo chiameremo: che tipo di cane vuoi? Ce l’ho! Vi spiego. Voi umani avete, giustamente, la fissa della specializzazione. Se avete male al cuore andate dal cardiologo (qualche volte dal cartomante ma è un’altra storia), se volete mangiare pesce andate in pescheria, se volete far ridipingere casa chiamate un decoratore. Giusto, a ognuno il suo mestiere, così siete sicuri di affidarvi in buone mani e ottenere esattamente quello che desiderate. Per i me è lo stesso. Nel mondo esistono più o meno 400 tipi di me. Tutti diversi fra loro, alcuni molto diversi, con le loro caratteristiche, le loro necessità e i loro problemi. Alcuni ad esempio sono inadatti a vivere in certi climi o contesti. Ognuno di questi me per essere ben conosciuto, nelle sue specificità e quindi ben allevato, richiede studio e impegno. Moltiplicate tutto questo per 400. Lo capisce chiunque che se voglio imparare tutto quello che serve ad essere un buon allevatore di chihuahua non avrò né il tempo né le energie per fare altrettanto riguardo, chessò io, i pastori maremmani o i chow chow o i molossi che già solo loro in famiglia sono quanti gli invitati ad un matrimonio medio. E poi metteteci pure la simpatia, no? Ci sta che se un umano si trova a suo agio con certi miei lontani cugini tascabili non si sentirà altrettanto attratto da quelle montagne pelose che vi sarà capitato di vedere in giro. Ci vuole passione per tirare su come si deve dei me e la passione, si sa, ha i paraocchi: vede solo una piccola porzione del tutto e su quella si concentra (sono forbito e pure filosofo). Quindi senza tirarla troppo in lungo, che tanto avete capito il concetto, evitate i supermercati di me, il cagnaro che ha sempre tutto disponibile negli scaffali. Anche perché, probabilmente non solo vi trovate di fronte ad un cagnaro del terzo tipo ma, in alternativa potreste trovarvi di fronte alla distribuzione al dettaglio del cagnaro del secondo tipo, il delinquente fatto e finito, ricordate? Dalla padella alla brace. Ma io sono sicuro che avete capito perfettamente e quindi vi aspetto domani per il quarto tipo di cagnaro.
Rieccomi. Dove eravamo rimasti? Ah, sì: si avanzi il secondo modello di cagnaro: il delinquente fatto e finito. Il tipo standard è un muscoloso farabutto, maschio caucasico, se ne rinvengono tracce anche di altre etnie, per ora residuali, quindi non distraiamoci che poi vi confondete. Pure questo lo potete trovare negli annunci online, facilmente però vi arriva anche con il tam tam, che si sa, il delinquente preferisce l’ombra e se può non si espone. Fatto sta che un bel giorno, vuoi in un modo vuoi nell’altro, vi ritrovate al telefono con un tipo che vi dà appuntamento ad un casello autostradale in orari variabili tra le 22 e le 2 del mattino. Se piove pure meglio. Se già questo non vi ha attivato il minimo sindacale di amigdala che hanno in dotazione tutti gli umani, dovreste farvi due domande sul vostro sistema nervoso. Ma mettiamo che abbocchiate, vi ritroverete, in una di quelle tipiche notti buie e tempestose, al casello Milano Ghisolfa. Arriva ‘sto bel tipo che apre il cofano della macchina e dentro ci sono 5 o 6 me. All’apparenza abbastanza arzilli, se a qualcuno ciondola un po’ la testa, penserete, sarà per il mal d’auto, di sicuro non andrete a pensare che sono strafatti di cortisone. Certo sono un po’ più piccoli di quello che vi aspettavate, perché siccome siete tipini svegli avete controllato su internet prima. Ma il tizio vi rassicura: “No guarda hanno 3 mesi e mezzo, sono vaccinati, hanno pure l’antirabbica, così sei a posto, ché io sono un tipo serio e ci tengo alla mia reputazione. È che c’è poca luce, per quello sembrano più piccoli, poi è pure umido, si saranno ritirati un po’, capita” – “Ok, e i documenti?”, un po’ vi puzza però sono tanto bellini e poi a quel prezzo, un vero affare. “Tranquillo, è tutto qui, vedi: vaccini, timbri, firme, numero di chip” – “Veramente sto timbro non si legge proprio…” – “Ah bello lo vuoi sto cane, che c’ho la fila a ‘sti prezzi delle patate! Si sarà scolorito, non vedi che viene giù un diluvio” – “Giusto, scusa”. Pagate. Chiude il cofano. Brum brum. Ciao ciao. E da lì in poi incrociate le dita perché vedete quel cucciolino se va bene ha un mese e mezzo; vaccini neanche l’ombra; il chip manco a parlarne; e se guardate bene il timbro sul libretto che vi ha dato il tizio, ora che c’è più luce, ci potete leggere: ritenta sarai più fortunato. Vi piglia un filino di ansia e siccome siete comunque personcine per bene vi precipitate dal primo veterinario che trovate, il quale vi guarda come se avesse davanti un minus habens, che poi un po’ è così, dai diciamocelo, ma chi cavolo si va a comprare un me di notte al casello di Milano Ghisolfa? Che la gente normale manco di giorno ci andrebbe, potendo evitare. Comunque se vi dice bene il cucciolo in questione se la cava, ci smenate un bel po’ di soldi tra cure vaccini, varie ed eventuali e magari crescendo sto batuffolo, che avevate comprato come boxer, vi esce fuori con un musetto a punta che manco Robin Hood della Disney, però, dai, poteva andare peggio. Sì, credetemi poteva andare peggio. Poteva essere che in capo a qualche giorno il tenero cucciolino tirasse le cuoia, per la denutrizione, il viaggio in condizioni terribili, i parassiti…Sapete, io, qualcuno di quei cuccioli l’ho conosciuto, qualcuno di quelli fortunati che hanno potuto raccontarla, come dite voi. È da loro che so cosa succede prima del casello Milano Ghisolfa. Scantinati bui e umidi pieni di me tenuti lì solo per sfornare cuccioli, strappati dopo poco alle loro madri denutrite, sporche e malate affinché possano fare altri cuccioli. Mai un pasto decente, mai una carezza, mai un raggio di sole. Solo buio, paura, freddo e fame e cuccioli, tanti cuccioli. E poi un viaggio terribile tutti ammassati in scatoloni chiusi, senza cibo né acqua, ogni tanto qualcuno non ce la fa, viene gettato a lato della strada e il viaggio ricomincia, veloci fino al casello di Milano Ghisolfa, fino a voi. Senza di voi alla fine del viaggio non ci sarebbe niente di tutto ciò prima. Ora lo sapete, regolatevi.