
9.Si va a casa
Io me lo ricordo quando i miei umani mi hanno portato a casa, ricordo il tragitto in auto, nevicava e c’era silenzio; nel rifugio c’era sempre tanto rumore. E ricordo l’agitazione. Ok, li conoscevo da un po’, al rifugio avevo sempre fatto lo spavaldo, però io, cosa mi aspettava, non è che lo sapessi proprio con precisione e un po’ di paura, ad essere onesti, ce l’avevo. Ma loro sono stati bravi (perché avevano studiato e fatto tutte le domande del caso, mica perché siano delle cime…). A casa ho trovato tutto quello che mi serviva. Una cuccia morbida messa in punto defilato, intimo. L’acqua sempre a disposizione, la pappa quando era l’ora. All’inizio mi hanno lasciato stare tranquillo. La casa era silenziosa: solo io e loro. Quando avevo voglia guardavo un po’ in giro, mi facevo vedere. Due coccole magari, ma senza esagerare. Senza fretta. All’inizio, lo confesso, non ero proprio rilassato, in fondo dai, mi avevano già fregato una volta e quindi stavo parecchio per i fatti miei, ma loro mi hanno dato tutto il tempo necessario. Facevamo sempre le stesse cose, con regolarità, così sapevo sempre cosa aspettarmi (i primi tempi le sorprese possono metterti ansia), senza fretta, senza premere sull’acceleratore. Senza chiedere troppo. Un passo alla volta, con rispetto ma anche con fermezza. Mi faceva piacere, anche se non lo ammetterò mai, sapere che il timone lo avevano loro. I no che mi hanno detto mi rassicuravano quanto i sì. E così è andato tutto bene. Passati due mesi ero pronto a dare loro tutta la mia fiducia e fare un upgrade: dormire nel letto ovviamente, che avete capito? E poi sì, certo, anche incontrare i loro amici, andare al mare, a fare trekking in montagna, insomma tutto il resto. quindi, scusate se insisto: l’inizio è importante.